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Range ipertrofico

Range ipertrofico

Quando si parla di ipertrofia il lavoro maggiormente diffuso è quello che si assesta tra le 8-12 ripetizioni per ogni esercizio. È stato provato scientificamente che questo range di ripetizioni dà il connubio ottimale tra intensità di allenamento e tempo sotto tensione. E questo genera risposta ipertrofica.
Ci sono altri parametri però da tenere in considerazione; innanzitutto quando si parla di intensità ci riferiamo alla percentuale di carico rispetto al carico massimale (RM, 1-Repetition maximum, ovvero il peso massimo che una persona può sollevare per una singola ripetizione in un determinato esercizio).
Maggiore è il carico, ovvero più alta è l’intensità, e meno ripetizioni si potranno portare a termine (e viceversa: minore l’intensità, più alte saranno le ripetizioni).
La cosa che spesso non viene considerata è che anche un allenamento con intensità inferiore ma un numero maggiore di ripetizioni può generare una risposta ipertrofica, perché va a stimolare altri tipi di fibre. 
Ricordiamo che TUTTI i muscoli contengono una percentuale di fibre bianche e rosse, pertanto, la loro funzione NON è mai totalmente di forza o di resistenza.
Le fibre rosse (tipo I), che hanno un colore molto simile a quello del sangue in virtù di alcune caratteristiche biochimiche e strutturali; in particolare:
    • Fitte ramificazioni capillari.
    • Alta concentrazione di mioglobina, una proteina di deposito (simile all'emoglobina contenuta nei globuli rossi) che funge da RISERVA di ossigeno muscolare.
    • Alta concentrazione di mitocondri.
sono adatte a sforzi blandi, lenti e ripetuti; resistono brillantemente alla fatica anche se non contengono grossi volumi di glicogeno (maggiore nelle fibre IIA e IIB).
Le fibre bianche (IIB e IIA), risultano più pallide di quelle rosse poiché:
    • NON contengono notevoli quantità di mitocondri e mioglobina
    • Hanno una minor densità e ramificazione capillare.
e risponderanno meglio a carichi dell'80-85% del massimale, con movimenti veloci, esplosivi ed un numero basso di ripetizioni.
Anche la stimolazione di questo secondo tipo di fibre può generare una risposta ipertrofica, che può essere sia miofibrillare (con aumento del numero e del volume di queste fibre), sia di tipo sarcoplasmatico (esaurimento del glicogeno muscolare e conseguente super compensazione data dall’introito di zuccheri).
Nel 2012 però l’idea di “range ipertrofico ideale” ha cominciato a sbriciolarsi quando Stu Philips rese popolari le ricerche di Mitchell Et Al. che dimostrarono come l’allenamento portato a cedimento muscolare con appena il 30% del proprio massimale (1RM) provocava lo stesso stimolo ipertrofico di serie all’80% del proprio 1RM. 
Diversi studi in laboratorio successivi condotti da Brad Schoenfeld ed il suo team hanno confermato questi risultati.
Oggi abbiamo evidenze scientifiche inequivocabili che mostrano come il range ipertrofico sia più simile all’ 1-30RM piuttosto che al 6-12RM come si è sempre creduto, almeno nel breve termine e a condizione che ci si alleni vicino alla soglia di cedimento.
Quindi, volendo riassumere i concetti che abbiamo, spiegato: il range di ripetizioni 8-12 è sicuramente un’ottima strategia sulla quale basare gran parte del nostro lavoro; tuttavia, non dobbiamo soffermarci solo su questo range. 
Il metodo Hatfield è una delle tante strategie che possiamo andare ad adattare ai nostri atleti, che tiene conto di quanto sopra elencato. 
Esso si basa sul fatto che nel muscolo esistono diverse componenti e che queste componenti debbano essere allenate in modo diverso o, meglio, rispettando determinati parametri.
In particolare, le miofibrille e il sarcoplasma contribuiscono circa alla metà del volume (e quindi all’aumento) del muscolo e di conseguenza una buona mole di lavoro dovrà essere dedicata a queste due componenti.
Per l’ipertrofia mio fibrillare va preferito l’esercizio alattacido (o quasi) di forza/potenza ovvero con ripetizioni basse e medio-basse e recuperi quasi completi tra i set.
Per l’ipertrofia del sarcoplasma è richiesto un lavoro di resistenza allo sforzo che inneschi l’esaurimento del glicogeno cellulare. Questo, una volta ricostituito in eccesso con la dieta, renderà il muscolo vistosamente più pieno e gonfio. Per esaltare al meglio queste caratteristiche è necessario lavorare nel metabolismo anaerobico lattacido con ripetizioni medio-alte e recuperi medio-bassi, praticamente ti sposterai vicino al cedimento.
La restante parte del lavoro la “sposteremo” sempre di più sulle serie lunghe adottando ripetizioni alte e lente in tensione continua, con recuperi bassi e incompleti per migliorare la capillarizzazione dei tessuti, l’efficienza mitocondriale e la vascolarizzazione garantendo l’effetto di “pompaggio” tanto amato dai bodybuilder.
In sintesi, durante l’allenamento, il numero di ripetizioni (e quindi il time under tension) aumenta mentre i tempi di recupero diminuiscono.
In questo contesto, quindi, la scelta del tipo di esercizio è di fondamentale importanza affinché l’applicazione del Metodo Hatfield sia efficace:
    • 1° esercizio: esercizio multiarticolare (T.U.T. 20-30’’), recupero attorno ai 3’, esecuzione abbastanza esplosiva (ma con controllo).
    • 2° esercizio: esercizio multiarticolare (T.U.T. 40-60’’) recupero attorno ai 2’, eccentrica lenta e concentrica esplosiva.
    • 3° esercizio: esercizio monoarticolare di isolamento (T.U.T. 60-120’’) recupero attorno al minuto, esecuzione lenta e controllata.

 

A cura del Dott. Lorenzo Battaglini

Responsabile tecnico Prof. Carlo Laface


    • The mechanisms of muscle hypertrophy and their application to resistance training. 2010 Brad Schoenfeld. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20847704/
    • The role of resistance exercise intensity on muscle fibre adaptations, 2004 Andrew C Fry
    • Resistance exercise load does not determine training-mediated hypertrophic gains in young men, 2012 Mitchell Et all, Tyler A, Daniel West, Burd.